Bisogno di riconoscimento, oggigiorno comunemente tradotto “like”.
A causa di frequenti manifestazioni di comportamenti visibilmente anomali in rete soprattutto ma non solo, ho deciso che oggi vi voglio parlare del bisogno di riconoscimento.
Il bisogno di riconoscimento è insito in tutti noi, è naturale, fa parte dei bisogni sociali, ma come tutte le cose quando sono in disequilibrio, può diventare causa di comportamenti inadeguati.
Ovviamente qui parleremo di quest’ argomento in relazione all’ educazione, degli effetti che questo bisogno causa in noi e del modo in cui educhiamo i nostri figli.
“Ci sono solo due lasciti inesauribili che dobbiamo sperare di trasmettere ai nostri figli: delle radici e delle ali”. – (Harding Carter)
Molto spesso si notano situazioni di eccesso di questo bisogno e siamo subito pronti a criticarlo come comportamento sbagliato.
Facebook ad esempio, alimenta con molta facilità questo tipo di comportamento, ma pur criticandolo, tutti noi prima o poi ci caschiamo nel metterlo in atto più o meno frequentemente.
Sorge spontaneo chiedersi allora, da dove nasce questo bisogno, che sembra non risparmi proprio nessuno?
Ed anche, quanto è realmente sbagliato un comportamento del genere?
Come posiamo ritrovare il giusto equilibrio manifestando il bisogno di autoaffermazione senza incorrere nell’esibizionismo?
“Se troviamo in un gruppo un modello culturale di comportamento improntato ad autoaffermazione, si può sviluppare una situazione competitiva in cui l’autoaffermazione porta a maggiore autoaffermazione, e così via. Questo tipo di cambiamento progressivo possiamo chiamarlo schismogenesi simmetrica.” – (Antropologo Gregory Bateson- da Naven, Stantford University Press, 1958)
Capisco che forse è un argomento che ha bisogno di un maggiore approfondimento. Le tendenze schismogenetiche, come dice lo stesso Bateson operano nella dinamica della società solo se l’educazione ricevuta nell’infanzia non è tale da impedirne l’espressione nella vita adulta.
La frequente dicotomia delle strutture bipolari delle società capitaliste diventano anche parti caratteriali impresse all’interno dell’ individuo.
Inoltre, i contesti fortemente competitivi favoriscono e alimentano la schismogenesi portando inevitabilmente alla distorsione di un legittimo bisogno iniziale e a varie rotture e conflitti interpersonali.
Ma cerchimo di capire tutto questo con degli esempi pratici, rendendo tutto più semplice e comprensibile per tutti.
Nel nostro caso, potrebbe essere un esempio l’ educazione che abbiamo ricevuto e la società stessa che tende a disprezzare l’autoaffermazione, ammirando invece l’ arrendevolezza e la sottomissione.
“Un bambino è un angelo le cui ali diminuiscono man mano che le sue gambe si allungano.” -(Anonimo)
Il bisogno di riconoscimento non nasce forse da una necessità più che legittima di sapere di essere esattamente dove si dovrebbe essere e che sia un proprio diritto essere li?
Decisamente i bisogni sociali morbosi di protagonismo e di esibizionismo in età adulta sono il risultato di qualcosa che non ha funzionato a dovere nell’educazione nell’ infanzia, ma viene anche amplificato da ciò che non funziona nella società o nell gruppo di appartenenza.
I bisogni sono sacrosanti ed è necessario riconoscerli e cercare di soddisfarli per vivere bene e per evitare che nel lungo termine possano solo acutizzarsi e peggiorare fino a squilibrare il benessere della persona. Quindi non permettiamo che guidino la nostra vita senza esserne consapevoli.
“Mentre cerchiamo di insegnare ai nostri figli tutto sulla vita, i nostri figli ci insegnano che la vita è tutto. ” – (Angela Schwindt)
Cercando di definire meglio l’argomento in relazione all’educazione e all’ influenza che poi ha sulla formazione caratteriale dei bambini, ricercando quindi di evidenziarne l’origine, mi viene in mente un tipo di situazione in particolare.
Per la nostra immensa voglia di insegnare ciò che è meglio nella vita ai nostri figli, (a tutti i bambini in generale rivolgendomi agli insegnanti), educhiamo impartendo “preziose” lezioni quotidiane.
Anzi, a volte non ci limitiamo ai bambini, ma anche a colleghi e amici, e anche ai nostri genitori oramai anziani. E questo non è forse un’ evidente bisogno di riconoscimento e di autoaffermazione…?
Vorrei soffermarmi sui bambini in questo caso, perché poi loro ci credono molto più di altri a tutto ciò che noi diciamo, fidandosi ciecamente. Oltretutto noi siamo convinti delle nostre idee ed anche di doverle inculcare loro, perciò facciamo di tutto per convincerli (ahimè, con le buone o con le cattive) che devono assolutamente seguire le nostre indicazioni.
“I bambini e le cerniere non reagiscono alla forza… Eccetto occasionalmente.” – (Katharine Whiterhorn)
Vogliamo prepararli alla vita, quindi la prima cosa che facciamo è sminuirli. Certo, detto così, probabilmente nessuno è d’accordo con quello che sto dicendo, ma purtroppo è esattamente quello che facciamo.
Ogni volta che diciamo ai bambini, direttamente o indirettamente, che non valgono abbastanza, che non sempre avranno ciò che vorranno, che ci sarà sempre qualcuno migliore di loro, soprattutto nei primi anni di vita, quando, trovandosi nella loro fase egocentrica, avrebbero bisogno di sentire l’esatto opposto.
Ma noi lo facciamo perché abbiamo paura per loro, che possano venir su dei mollaccioni viziati, convincersi che gli sia tutto dovuto e… (rullo di tamburi) lo facciamo perché siamo noi ad avere paura di fallire miseramente nel nostro ruolo genitoriale, quindi di non riuscire a plasmare degli esseri pronti ad affrontare tutte le sfide che la vita riserverà loro.
“L’infanzia è come un cuore: i suoi battiti troppo veloci ci spaventano. Facciamo di tutto perché il cuore s’infranga. Il miracolo è che sopravvive a tutto.” – (Christian Bobin)
Ma non sono qui per giudicarti e non dovresti farlo nemmeno tu, dato che è quello che facciamo tutti. Questo è semplicemente quello che ci hanno insegnato quando eravamo piccoli e che tuttora la società cerca di confermare quotidianamente.
Si, perché tutti noi crediamo che i bambini debbano incominciare a saperlo fin da subito che la vita è dura, che bisogna lottare, perché mica ci possiamo permettere che credano di essere i migliori. Nooo, facciamogli vivere da subito frustrazioni quotidiane, così saranno sicuramente rafforzati, perché la vita e dura e non perdona nessuno…
In pratica, abbiamo messo a punto la ricetta perfetta per la perdita di autostima e di fiducia… ma il riconoscimento non è forse collegato in qualche modo alla stima di sé?
“I bambini sono come il cemento umido, tutto quello che li colpisce lascia un’impronta.” – (Haim G. Ginott)
Ma, se gli adulti di cui più mi fido non hanno stima di me e non hanno fiducia nelle mie capacità, io come faccio a credere in me stesso?
E quindi non sono autorizzato a credere di meritare qualcosa, di avere un alto valore di me stesso, perché non è apprezzato, non è previsto, non sarebbe contro ciò che mi hanno insegnato?
Non sarà mica che poi per tutta la vita si avrà bisogno di essere riconosciuti meritevoli da qualcun’ altro avendo perso la capacità e il diritto di autoaffermarsi?
Tutti noi abbiamo ricevuto dei messaggi nei quali ci dicevano di non essere all’altezza, che hanno contribuito a renderci bisognosi dell’approvazione altrui.
Ci hanno costantemente boicottato la possibilità di appagare il bisogno di autostima e di autorealizzazione, che si trovano in posizione nettamente superiore nella scala dei bisogni rispetto al bisogno di riconoscimento.
“Tutti i grandi sono stati bambini una volta, ma pochi di essi se ne ricordano.” – (Antoine de Saint-Exupéry)
Come indicato nella piramide dei bisogni di Mashlow, stando in effetti ai gradini più elevati, il desiderio di riconoscimento sociale, di stima e il desiderio di autoaffermazione sono sani e fanno parte delle necessità esistenziali dell’essere umano.
Una volta che avremo superato i bisogni essenziali, non avendo più necessità di lottare per la sopravvivenza, per l’accettazione, per la sicurezza, diventeremo capaci di convogliare le nostre energie su bisogni più alti come l’ autostima, la dignità l’ autoaffermazione e la realizzazione di sé.
Quindi, mentre ci occupiamo delle nostra sana autoaffermazione che si conquista con la realizzazione di sé, avanti pure con qualche like, che ogni tanto fanno bene all’autostima, ma con la consapevolezza del perché ne abbiamo bisogno.
Cerchiamo il più possibile di appagare i bisogni più alti e non ridurci solo a diventare dipendenti di attegiamenti esibizionistici e del riconoscimento altrui.
Diventare consapevoli del nostro comportamento, non ci salverà dai nostri bisogni essenziali, quelli del gradino più basso, rendendoci autosufficienti e privi di emozioni come dei robot, ma ci renderà forse più umani e tolleranti verso i bisogni inappagati degli altri, anche quando questi sono ancor più morbosamente bisognosi di noi.
Soprattutto però quello che io spero con tutto il cuore, è che ci renda più attenti alle lezioni che vogliamo impartire agli esseri sensibili e vulnerabili, dei quali ci dovremmo sentire profondamente responsabili, i nostri bambini.
“Con i bambini capirsi è semplice. Quando ti prendono per mano, hanno già scelto di fidarsi di te.” – (valvirdis, Twitter)
Anche io, come tutti ho lo stesso sano bisogno di riconoscimento 😉 , quindi se ti è piaciuto l’argomento non esitare di mettere il tuo like all’articolo. Questo è solo uno dei modi per dimostrarmi che il mio tentativo di aiutare anche qualcun’altro è risultato anche tempo ben impiegato per la mia autoaffermazione.
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